Una originale panoramica dell’Italia Enoica
di Luigina Simonetti
Presso Tenuta Barberio, in uno degli angoli più suggestivi della campagna Castellanese, a ridosso della Valle d’Itria, si è tenuta la quinta edizione di un evento singolare, capace di mettere insieme le diversità territoriali dell’Italia enoica in un unico contenitore, Vitigni e Vini Fratelli d’Italia 2019.
La manifestazione ideata e realizzata da AIS Murgia, con il patrocinio dell’Assessorato alle Politiche Agricole della regione Puglia, è nata con l’obiettivo di promuovere la valorizzazione del territorio nazionale attraverso la presentazione del grande panorama ampelografico italiano, portando in degustazione oltre 100 etichette di vini da vitigni autoctoni, da Nord a Sud, passando per le isole maggiori.
Come di consueto, la serata si è aperta con un seminario di natura didattico illustrativa. Vincenzo Carrasso Delegato AIS Murgia, Coordinatore didattico AlS Puglia ed ideatore del format, ha introdotto il tema, portando l’attenzione sul racconto del lungo lavoro pregresso che sottende la scrupolosa ricerca dei vini presenti, testimonianza di tipicità ed autoctonie, in cui la storia del territorio si intreccia a quella della genetica dei vitigni. Ha tracciato il profilo delle condizioni pedoclimatiche e del terroir riconducibili a quelle che sono le caratteristiche e le tipicità dei vini in degustazione. Non le grandi etichette, bensì i prodotti di nicchia, le piccole produzioni sconosciute a molti, che si sono rese protagoniste di un evento, la cui finalità, sembra essere il riconoscimento dei diversi territori attraverso numerosi assaggi.
Il Dottor Giuseppe Baldassarre scrittore, docente e membro della commissione didattica nazionale AIS, nonché responsabile della Guida Vitae per la Puglia e degli eventi AlS Murgia, ha presentato un’analisi del mondo enoico legato alla ricerca che continuamente promuove nuove sperimentazioni in viticoltura all’ interno di un paese, l’Italia, che si caratterizza per la ricchezza delle piccole identità. Spesso la storia di queste produzioni si intreccia con la storia dei luoghi, delle popolazioni che nel corso dei millenni e dei secoli hanno attraversato e colonizzato i territori. Questo è un viaggio particolare, attraverso i piccoli gioielli che i produttori hanno con tanto impegno tentato di realizzare, non attraverso prodotti blasonati e noti, ma curando i dettagli di produzioni singolari, a volte anche piccolissime. Si pensi ad una regione come la Val d’ Aosta, al suo territorio estremamente limitato che produce vini preziosi, estremi, come il notissimo Prie Blanc, che puo essere considerato alla stregua di un ice wine.
Per ogni regione e per ogni vitigno gli aneddoti compensano la fatica di averli raccolti tutti insieme, e di aver scoperto che la loro consevazione è dovuta spesso al paziente lavoro di recupero di pochi filari e agli assemblaggi ben riusciti ed originali. Spesso le espressioni di un tannino importante e di spiccata acidità di alcuni vitigni, si sono rivelate caratteristiche che in passato rendevano i vini adatti a lunghi viaggi. Difficile ripercorrere le storie legate a ciascuno di loro, ma alcuni nomi particolari colpiscono, come quello di un vitigno a bacca scura, forse originario della Lunigiana, il Rossese, probabilmente portato a Marsiglia dai Greci e poi arrivato in terra ligure. Pecorino, Cococciola, Passerina, riportano tutti alla tradizione dell’Abbruzzo, mentre quando parliamo di Tintillia, incontriamo un vitigno che in passato è sempre stato utilizzato per la sua capacità tintoria, ma è stato poi riscoperto con un profilo autonomo di successo, che si identifica col Molise. Nomi suggestivi, come Coda Di Volpe e Caprettone i nomi di vitigni campani, il primo ricorda nella forma il guizzo fulvo tipico della coda dell’ animale, mentre il secondo fa pensare ad una analogia di aspetto con la barbetta della capra.
Si puo invece parlare di sperimentazioni per analogia climatica, per le cotivazioni di Muller Tourgau e Traminer della zona dell’Alto Vulture, vitigni tradizionalmente posizionati a nord, ma che conservano il loro profilo sebbene coltivati in Basilicata. Anche la Puglia riscopre un modo nuovo per interpretare vecchi vitigni dimenticati, il Maresco e il Marchione, vitigni a bacca bianca con una loro personalità, espressione del territorio di appartenenza.
E ancora nomi di vitigni legati alla zona di produzione oppure a chi ne ha studiato le caratteristiche come il Rebo incrocio tra Merlot e Teroldego, il Kerner incrocio tra Schiava e Riesling, il Marselan di origine francese, l’incrocio Bruni 54, il Groppello che deve il nome alla forma pineale, il Boschera a bacca bianca, il Vitovska di origine slovena, il Cornalin di origine svizzera, il Timorasso, uva piemontese che ricorda per corredo aromatico il sauvignon Blanc. Più di 400 i cosiddetti vitigni minori presenti su tutta la penisola.
Al termine del seminario sono stati aperti i banchi d’assaggio, disposti sulla terrazza panoramica e all’ interno del grande giardino che abbraccia l’antica dimora settecentesca. Gli esperti sommelier dell’AIS Puglia hanno raccontato e servito i vini a winelovers, esperti e appassionati di “party-time”. Per ogni cantina una storia, e per ogni vino un vitigno caratterizzante, riverbero di chi lo ha coltivato, prodotto e amato, come espressione della propria terra e della sua personale interpretazione. Una serata in cui la danza di aromi e delle tante sfumature presenti in un calice, tra bollicine, bianchi, rosati e rossi si sono piacevolmente abbinati a prelibatezze scelte con cura tra i prodotti della nostra tradizione pugliese come orecchiette al sugo di funghi, salsiccia e castagne, fantastici arrosticini preparati in loco, latticini e formaggi insieme a cartocci di croccanti fritture. La musica live ha scandito ed accompagnato i momenti di questo viaggio enoico concluso a notte inoltrata.